Con queste parole don Carmelo Magra Parroco di Lampedusa racconta il dramma del piccolo Joseph, il bimbo di appena sei mesi che veniva dalla Guinea che non è sopravvissuto al naufragio sotto gli occhi e le urla disperate della mamma che lo vedeva sparire tra le onde di quell’immenso cimitero che è il Mediterraneo.

Tra i morti di quel naufragio, insieme ai corpi di centinaia di profughi dell’11 novembre c’era anche lui.

Il Parroco di Lampedusa dice che “quel corpicino e le urla disperate della mamma, rappresentano un macigno sulla nostra cultura occidentale”. Non basterà la commozione che molti hanno provato vedendo quelle immagini strazianti.

È ancora il Parroco di Lampedusa a dire che “questo bambino nato in Libia, come tanti altri bambini in diverse parti del mondo, non ha conosciuto la libertà e la pace. In altre parole non ha mai fatto il bambino, cioè non ha mai avuto la possibilità di vivere in un paese dove i diritti dei più piccoli sono garantiti e sacri”.

Neanche le notizie quotidiane sul coronavirus riescono a farmi dimenticare il grido di quella mamma che ha fatto il giro del mondo mentre vedeva il suo bimbo in preda alle onde. La giovane mamma è come se fosse morta anche lei col suo piccolo che rappresentava la sua speranza, il suo futuro.

Ogni morte è dolorosa e tragica comprese quella per il corona virus, ma sopravvivere al proprio figlio è una esperienza tanto dolorosa che solo una madre può capire.