Il gruppo di amici che aveva condiviso la vita di Gesù, dopo la sua morte e risurrezione, gli Apostoli, hanno sentito una spinta irrefrenabile di raccontare ciò che avevano visto e udito da Gesù di Nazaret. L’ostilità incontrata non li ha fermati, anzi! Disposti perfino a lasciarsi incarcerare e poi uccidere, ma nulla li faceva tacere. Ciò che loro hanno visto e udito era talmente determinante per la loro vita che ricordano perfino l’ora dell’incontro con Gesù “erano circa le quattro del pomeriggio” (Gv1,39).
Nella giornata missionaria che si celebra oggi rimbalza nella Chiesa questa parola degli Apostoli, ma apre un interrogativo inquietante. Forse nessuno oggi impedisce ai cristiani di parlare se non in quelle parti del mondo dove i cristiani sono ancora perseguitati. Pur considerando che da noi ci sono altri modi di far tacere i cristiani, non sarà che non parliamo più di ciò che si è visto e udito perché non abbiamo nulla da narrare, da raccontare?
E se fosse questo il vero problema della Chiesa oggi? Allora ben venga la giornata missionaria mondiale a richiamare l’importanza dell’annuncio del Vangelo, non teorico, ma arricchito di testimonianze vive di missionari, ma anche di semplici credenti che vivono con gioia la loro fede. Si racconta e si parla solo di ciò che hai nel cuore, solo se la tua vita è imbevuta di opere e di stili evangelici.
La questione vera allora è il contenuto senza del quale non si ha nulla da raccontare.
