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«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Gv 12,13)
La sesta domenica di Quaresima è detta "Domenica delle Palme", perché si commemora l'ingresso di Gesù in Gerusalemme. Ma non è sempre stato così. A Milano infatti, all'epoca del vescovo Ambrogio, la domenica precedente alla Pasqua di Risurrezione, coronava l'itinerario battesimale, attraverso il rito della "traditio symboli”, letteralmente "consegna del simbolo di fede”. Ai catecumeni veniva “consegnato” il Credo, affinché lo imparassero e ne assimilassero le verità. Il simbolo ricevuto doveva poi essere “restituito” otto giorni dopo, durante la veglia pasquale, dimostrando di averlo imparato con la mente e con il cuore. Al di là dei dati della storia, anche noi, giunti al termine del nostro itinerario quaresimale di carattere "battesimale", possiamo trarre dall'antico rito della "traditio symboli" importanti conseguenze per la nostra vita di cristiani. Come il simbolo di fede veniva “consegnato” per essere “restituito”, anche per noi la fede cristiana non è una conquista autonoma, ma ci è stata “donata” dalla Chiesa, nella quale con il Battesimo siamo stati inseriti. La fede ricevuta dunque non è opera nostra, ma è grazia e dono di Dio per noi. Dobbiamo perciò ringraziare il Signore per il dono della fede ricevuto. Questo dono bisogna inoltre “coltivarlo” e farlo proprio, mediante il nostro operare e il nostro agire, traducendo in pratica gli insegnamenti nella vita concreta.
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«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?» (Gv 11,25-26)
In questa quinta domenica di Quaresima ritorna il tema del peccato originale, che, alla luce del miracolo della risurrezione di Lazzaro, è paragonato alla morte, al sepolcro. Ogni uomo è “morto” a causa del peccato originale, mentre mediante il Battesimo gli è ridonata la vita. Egli viene fatto risorgere da quel sepolcro, che è appunto la colpa del primo uomo, e gli viene donata la candida veste battesimale. Il Battesimo tuttavia non ci libera dalla “peccabilità umana”. Il rischio di cadere permane. Ecco perché bisogna prestare attenzione alle nostre debolezze, altrimenti rischiamo di macchiare la veste bianca o addirittura di lacerarla.
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«Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo» (Gv 9, 5)
Secondo l'immagine del Vangelo della quarta domenica di Quaresima, l'uomo nasce cieco e nelle tenebre, mentre Dio l'avrebbe voluto nella luce. Per riacquistare pienezza di umanità, l'uomo ha bisogno di essere guarito dalla cecità originaria, ha bisogno di essere illuminato. Ciò avviene nel Battesimo, perché nel Sacramento agisce Cristo stesso. Gesù Cristo è l'unico che può risanare gli uomini dai loro difetti d'origine, donando ad essi la sua luce. Senza l'opera salvifica di Cristo l'uomo resterebbe cieco e nelle tenebre: incapace di vedere la sua identità più vera, il suo destino ultimo, il senso dell'universo e incapace di distinguere il bene dal male. In questa domenica vogliamo sottolineare in modo particolare il simbolo battesimale della candela accesa. Questa fiamma, che costantemente dobbiamo alimentare, ci ricorda la nostra vocazione cristiana: «camminare sempre come figli della luce, perseverando nella fede».
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«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32)
Il Vangelo della terza domenica di Quaresima ruota attorno alla figura di Abramo e offre un tema di riflessione di carattere battesimale che potrebbe essere indicato con queste domande: come è formato il popolo di Dio? Chi appartiene al popolo di Dio? Come vi si viene inseriti? Il giorno del nostro Battesimo siamo stati incorporati nella Chiesa, siamo cioè entrati a far parte realmente del nuovo popolo di Dio: è questo infatti uno degli effetti del Battesimo. Questa verità deve essere vissuta con la nostra consapevolezza attuale di cristiani adulti e responsabili attraverso il nostro atto di fede in Cristo. Occorre perciò aderire a Gesù Cristo e accogliere la sua Parola come verità, quella verità che ci rende figli di Dio e ci libera interiormente. In questa domenica, durante la Celebrazione Eucaristica, volendo professare la nostra appartenenza al popolo di Dio, proclameremo la nostra fede con il Simbolo Apostolico. Fin dai tempi antichi questo Credo riassumeva la fede dei nostri padri e aiutava i catecumeni ad appropriarsi dei contenuti della fede. Anche il nostro Arcivescovo, in questo tempo di Quaresima, medita il testo del Simbolo degli Apostoli entrando nelle nostre case in occasione della preghiera della sera alle ore 20.32 su Telenova e i social diocesani.
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«Chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv. 4,14)
L’acqua viva che Cristo dà alla Samaritana, come l’acqua del Battesimo, trasforma la vita dall’interno, la converte. “L’acqua” crea una nuova vita, la “vita di grazia”. Questa “vita” però può essere anche perduta, attraverso il peccato, il rifiuto, l'incredulità. È importante allora convincerci che questa novità di vita (“acqua viva”), che ci è stata data nel Battesimo, non deve mai essere considerata come qualcosa di acquisito una volta per sempre, ma esige la nostra libera e responsabile accettazione e corrispondenza. In questa seconda domenica di Quaresima, durante la celebrazione, l’atto penitenziale verrà sostituito dal rito della benedizione e aspersione dell’acqua. Saremo aspersi con l’acqua benedetta in ricordo del nostro Battesimo; rinnovati potremo accostarci degnamente alla mensa del Signore.