
Quarta domenica dopo Pentecoste
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«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (Mc 6,31a)
L’estate è ormai iniziata e con essa è nato anche il desiderio di un po’ di riposo. Vogliamo anche noi rispondere all’invito di Gesù agli apostoli, dopo il loro ritorno dalla missione: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (Mc 6,31a). Gesù vuole cioè sottrarli alla folla, alla popolarità, vuol dare loro un po’ di tranquillità.
Queste parole di Gesù oggi sono anche per chi vive il tempo delle vacanze. Dopo la fatica di un anno si avverte la necessità di un po’ di riposo, la necessità di uscire dal frastuono delle città, la necessità di fare una pausa nella frenesia della vita. Il senso dell’invito di Gesù è certamente quello del riposo dalla fatica. Ma non solo: riposarsi, per i discepoli di Gesù e quindi anche per noi, significa ritemprarsi nella familiarità con Gesù, in un colloquio diretto e prolungato con Lui solo. Nella nostra vita l’impegno quotidiano, qualunque esso sia, e quindi con esso anche il riposo fisico, non può essere separato dal raccoglimento interiore, dallo stare con Gesù: altrimenti la nostra vita sarebbe una vita dimezzata. L’invito per tutti quindi, e oggi in modo speciale per coloro che vivono il tempo della vacanza, è quello di trovare qualche spazio in più per Dio, per la preghiera, per i Sacramenti, per la riflessione, per la contemplazione di Dio e di ciò che Dio ha creato per noi.
Buone vacanze.
Mons. Angelo
Terza domenica dopo Pentecoste
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“Apparve in sogno a Giuseppe un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati»” (Mt 1,20-21).
Giuseppe rappresenta l’atteggiamento di chi è aperto all’accoglienza della grazia e della salvezza portata da Gesù, il figlio di Maria, sua sposa. Come l’angelo del Signo.re gli aveva detto in sogno, così Giuseppe si sveglia e si mette in viaggio, ascolta e obbedisce, attuando, senza fare alcuna obiezione e senza minimamente perdere tempo, quanto gli viene chiesto di fare, cioè prendendo con sé Maria, sua sposa. Così facendo Giuseppe diventa lo strumento della grazia del Signore sul suo popolo. La grazia e la misericordia di Dio, che sono superiori all’esperienza del peccato, passano da qui. Anche a noi è chiesto, come a Giuseppe, di obbedire a Dio, accogliendo Gesù nella nostra vita, e di entrare a far parte pienamente del piano di salvezza voluto da Dio per il mondo.

Seconda domenica dopo Pentecoste
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Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me»” (1Cor 11,23b -25).
Con il racconto dell’apostolo Paolo entriamo nel cuore dell’ultima cena di Gesù. Celebrare l’Eucaristia significa assumere l’impegno del dono totale di sé agli altri, così come il Signore Gesù ha fatto per noi mediante la sua passione e la sua morte di croce. L’Eucaristia non è un qualsiasi gesto di amore; è il gesto per eccellenza dell’Amore. Proprio per questo, l’Eucaristia è il “tutto” della nostra vita, e non semplicemente una parentesi nella settimana.

Santissima Trinità
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“Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21b).
Con queste parole stupende, dense di commozione, Gesù parla del Padre. E, più ancora, Egli ci parla di Dio soprattutto nei fatti, con tutta la sua vita. Gesù ci ha parla di Dio come del Dio vicino a noi. Infatti, manifestando il suo infinito amore verso il Padre, Gesù si esprime così: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).

Domenica di Pentecoste
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“Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce»” (Gv 14,16 -17a).
Gesù agli apostoli parla del dono dello Spirito Santo. Due sono i nomi con cui qui Gesù parla dello Spirito Santo: il Paraclito e lo Spirito della verità. Il Paraclito è letteralmente l’avvocato, quindi colui che ci difende; lo Spirito della verità ci porta sulla via della verità, della verità di Dio, ci conduce alla verità che è Dio, Gesù Cristo, Figlio di Dio. Il linguaggio del Vangelo di Giovanni è un linguaggio che allude a qualcosa di più alto, è proteso al futuro: guarda allo Spirito che ci viene donato, che sta per venire.
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