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“Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”. (Lc 1,28).
La preghiera di lode
La lode, dice Agostino, è un grido di gioia e di esultanza per tutto ciò che Dio è: chi loda ammira le perfezioni divine, proclama la sua grandezza, la sua santità, la sua bellezza, il suo amore. La preghiera di lode è sempre un inno filiale che sfocia nel ringraziamento: chi prega impara da Gesù a rivolgersi al Padre. Spesso si ascoltano, dalle labbra umane, più lamenti che lodi e benedizioni: si deve magnificare e adorare Dio perché da Lui soltanto proviene ogni bene. La preghiera di lode nasce in chi sa vedere nella propria storia la presenza di Dio che opera meraviglie. Dove c’è fede, là c’è preghiera.
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“Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito” (Lc 7,22).
La preghiera come scuola della speranza
Un primo essenziale luogo di apprendimento della speranza è la preghiera. Se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare. Se non c'è più nessuno che possa aiutarmi - dove si tratta di una necessità o di un'attesa che supera l'umana capacità di sperare - egli può aiutarmi. L' ascolto di Dio, il poter parlargli, diventa per noi una crescente forza di speranza, la grande speranza che anche nelle notti della solitudine non tramonta. La preghiera ha il potere di educare e di preservare in noi il vigore di ogni speranza. È solo la speranza che ci permette di far fronte pienamente all'atteggiamento di Dio e di comprendere la sua risposta al nostro desiderio e il modo con cui egli colma il nostro bisogno.
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“Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo” (Mc 1,8).
La preghiera come intervento di Dio nella nostra vita
L’efficacia della preghiera non si fonda prima di tutto su noi, ma su Dio. Sappiamo che pregando - se non cerchiamo ad ogni costo di realizzare i nostri piccoli progetti, le nostre piccole speranze - noi entriamo nel piano di Dio, nel disegno che egli ha deciso di realizzare. Non siamo noi che attendiamo Dio o che richiamiamo la sua attenzione, ma è Dio che ci attende. Non siamo noi che abbiamo fretta di vederlo finalmente realizzare ciò che desideriamo, ma è lui che ci propone di entrare a far parte del suo piano. Questa è la prima risposta di Dio, il segreto della nostra speranza e ciò che deve rendere solida la nostra certezza.
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“Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina»” (Lc 21,28).
AVVENTO 2024 - “Andiamo con gioia incontro al Signore”
Questo è lo “slogan” , tatto dal Salmo 121, scelto per accompagnarci nel Tempo di Avvento, un periodo di attesa e speranza, in cui ci prepariamo con cuore aperto a incontrare Cristo, luce che viene nel mondo. Questo motto invita ciascuno di noi a vivere il cammino dell’Avvento con lo spirito dei pellegrini, mossi dalla gioia e dalla speranza, proprio come ci stiamo preparando al grande pellegrinaggio spirituale verso il Giubileo del 2025. È un invito a lasciarci guidare dalla luce della fede, camminando insieme come comunità verso l’incontro con il Signore che viene a visitarci e invitarci a rinnovare la nostra vita. Nel cammino di avvicinamento al Giubileo 2025, Papa Francesco desidera che l’anno 2024 sia dedicato alla preghiera, invitando tutta la Chiesa a un tempo di grande impegno, in preparazione dell’Apertura della Porta Santa. «La preghiera è la prima forza della speranza. Tu preghi e la speranza cresce, va avanti. Io direi che la preghiera apre la porta alla speranza. La speranza c’è, ma con la mia preghiera apro la porta» (Udienza generale, 20 maggio 2020). Per questo motivo, in ogni domenica di Avvento, verrà proposto un testo sulla preghiera tratto dal libro di Bernard Bro “Cerchiamo Colui che ci cerca” e un breve commento del Salmo presente nella Liturgia della Domenica.
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“Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei»” (Lc 23,36-38).
Gesù Cristo è re in quanto si abbassa sull’umanità sofferente. Qui è il potere e la gloria del Figlio di Dio. Per Lui regnare vuol dire servire. Chi vuol essere il primo sia l’ultimo, dice Gesù. La sua regalità è quella di chi si è fatto povero fino a morire da malfattore tra due ladri. Il segno più grande di questa volontà di Gesù di servire è la croce; è la più grande espressione dell’amore e del dono di sé. Sulla croce Gesù paga il prezzo del nostro riscatto e ci riconcilia con il Padre. Nella croce c’è il gesto supremo di Gesù dell’essere Signore, poiché in essa si comprende come la sua signoria sia ben diversa dalla regalità di questo mondo. Il Regno di Dio in Cristo si manifesta nell’umiliarsi, nel donare, nel servire.