Perdono

“Il pubblicano, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore»” (Lc 18,13).

Il pubblicano, ritenuto da tutti un peccatore perché appartenente ad una categoria ritenuta peccatrice, incarna l’umiltà. Il suo è l’atteggiamento fondamentale di chi è posto davanti a Dio e la cui preghiera esprime una profonda partecipazione, con la propria miseria, alla grandezza di Dio. Anche noi, come il pubblicano, siamo peccatori. Il peccato è l’unica cosa che ci caratterizza, come creature, bisognose di tutto, bisognose della misericordia di Dio. Chi potrebbe riconoscersi senza peccato? Chi potrebbe vantarsi di aver sempre corrisposto nel modo migliore possibile ai doni di Dio, alla sua parola, al suo amore? Quest’uomo della parabola evangelica, il pubblicano, “a differenza dell’altro - il fariseo -, tornò a casa sua giustificato”, perdonato, salvato, così dice Gesù. Eppure era un peccatore; nessuno aveva considerazione di lui. La ragione è nelle parole di Gesù: “Chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato” (Lc 18,14). L’umiltà di quest’uomo lo ha condotto a riconoscere la grandezza di Dio e, di contro, la sua miseria, il suo peccato.