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Gesù, “mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo” (Lc 24,51)
“I discepoli tornano a Gerusalemme con grande gioia. Si sono separati da Gesù con grande tristezza e angoscia, quando Gesù è stato consegnato nelle mani degli uomini per essere crocifisso. Ora sono pieni di gioia, perché non sono separati da Gesù, ma sono resi partecipi di un altro modo di intendere la presenza, un altro modo di contare i giorni, un altro modo di abitare la terra. Il tempo e lo spazio non sono più principio di separazione, per cui quello che è qui non può essere là, quello che è in terra non può essere in cielo e neppure quello che era in passato non può essere presente e neppure futuro. Il tempo e lo spazio sono abitati dalla gloria del Risorto: l’Ascensione non decreta una assenza, ma il modo glorioso di essere presente, la promessa del ritorno non decreta un tempo senza Gesù, ma il modo glorioso di vivere il presente come occasione di grazia, come grazia di comunione”
(Mons. Mario Delpini, Omelia per la solennità dell’Ascensione, 13 maggio 2021).

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“Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15,10).
San Paolo riconosce l’opera compiuta da Dio in lui. Tutto è grazia! Nulla può fermare l’azione apostolica di Paolo, perché egli ha incontrato Gesù che gli ha rivelato la sua missione. E con la forza della grazia Paolo adempie fedelmente la sua missione. La grazia di Dio opera in ciascuno di noi; ma occorre anche la risposta, frutto della nostra libertà; è risposta al suo progetto d’amore sulla nostra vita, è accoglienza della sua Parola. Ogni cristiano è chiamato a rivivere l’incontro con il Signore nella propria vita e a testimoniarlo nell’esistenza quotidiana, nel rapporto con gli altri e nel modo di vivere.

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“Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi” (Gv 17,9).
Al centro della preghiera di Gesù c’è la preoccupazione per l’unità. Una comunità, se vuole essere autentica, non può non essere unita. Qual è la ragione dell’unità della Chiesa? È la comunione del Padre con il Figlio nello Spirito Santo. La comunità dei discepoli del Signore deve vivere nell’amore perché Dio è amore. Nella comunità dei discepoli del Signore deve regnare la comunione, perché Dio è comunione; deve vivere nella dimensione del dono, perché Dio è dono. Quando siamo divisi tra noi, non dimentichiamo mai la preghiera di Gesù per l’unità e la necessità di mostrare questa unità nel nostro vivere da cristiani: “Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi” (Gv 17,11b).

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GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
“Dio vede il cuore (cfr 1 Sam 16,7) e in San Giuseppe ha riconosciuto un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità. A questo tendono le vocazioni: a generare e rigenerare vite ogni giorno. Il Signore desidera plasmare cuori di padri, cuori di madri: cuori aperti, capaci di grandi slanci, generosi nel donarsi, compassionevoli nel consolare le angosce e saldi per rafforzare le speranze. Di questo hanno bisogno il sacerdozio e la vita consacrata, oggi in modo particolare, in tempi segnati da fragilità e sofferenze dovute anche alla pandemia, che ha originato incertezze e paure circa il futuro e il senso stesso della vita. San Giuseppe ci viene incontro con la sua mitezza, da Santo della porta accanto; al contempo la sua forte testimonianza può orientarci nel cammino” (Papa Francesco, dal messaggio per la 58.a Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni).

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“Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita»” (Gv 14,5-6a).
Non si improvvisa la strada per giungere a Gesù. È un cammino che deve essere percorso con pazienza, un cammino in cui è richiesto un rapporto con Gesù sempre più profondo, intenso, vero. È un rapporto pieno e totale, come appare dalla risposta di Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita”. L’adesione a Gesù significa dire un sì che cambia radicalmente la propria esistenza. Non consiste solo nel sapere tutto di Lui, della salvezza che Egli ci ha donato con la sua morte e con la sua risurrezione. È necessario invece che il cammino della Pasqua di Gesù diventi anche il nostro cammino. Percorrendo la via che è Gesù, seguendo la verità che è Gesù, giungiamo alla vita che è Gesù.