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“Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21b).
Gesù ai suoi discepoli parla commosso del Padre, del suo amore. Gesù non è solo un grande sapiente della Bibbia, che ci ha parlato di Dio con parole stupende. Egli ci ha parlato di Dio soprattutto nei fatti, con tutta la sua vita. Ci ha parlato di Dio nei termini di una estrema vicinanza alle persone. Infatti con amore affettuoso nei confronti del Padre, Gesù si esprime così: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Gesù vuole quindi coinvolgere anche ciascuno di noi nei suoi sentimenti più profondi. Proprio questa sua vicinanza a noi è il risultato della profonda relazione tra Gesù, il Figlio, e il Padre nello Spirito Santo.
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“Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità»” (Gv 14,15-17a).
Dopo i giorni nei quali con la Liturgia abbiamo rivissuto le apparizioni di Gesù risorto, dopo aver contemplato l’Ascensione di Gesù al cielo, ecco che cinquanta giorni dopo la Pasqua giunge la Pentecoste. È la solennità che introduce la Pasqua del Signore Risorto nella vita dei risorti, nella nostra vita di redenti da Lui. La Liturgia ci presenta un brano del Vangelo di Giovanni, che proviene dai discorsi di addio, con i quali Gesù ha voluto confidare agli apostoli ciò che più gli stava a cuore per la loro vita futura, per il loro avvenire, per la missione che avrebbe loro affidato. E Gesù, per il loro futuro, annuncia il dono dello Spirito Santo. Due sono i nomi con cui qui Gesù parla dello Spirito Santo: il Paraclito e lo Spirito della verità: il Paraclito è l’avvocato, il difensore; lo Spirito della verità ci porta sulla via della verità di Dio, ci conduce alla verità che è Dio, Gesù Cristo, Figlio di Dio.
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“Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. … Voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,20b.22).
Gesù manifesta se stesso con il dono della gioia, la gioia cristiana, che trova il suo fondamento nella libertà, nella pace, nella fratellanza, nel rapporto di fede con Dio. Ma se mancano questi fondamenti, come può esserci gioia? Come è possibile la gioia nel nostro mondo, pieno di contraddizioni, ingiustizie, guerre? La gioia così non è forse fuga dalla realtà? No, la gioia non è cancellare la Croce di Gesù, che non è una sconfitta; e se non è una sconfitta, allora tutta la storia umana deve essere interpretata in modo diverso. È questa la ragione ultima che giustifica la gioia, anche se le situazioni della vita possono essere non facili. La gioia cristiana è gioia che viene da Dio, è dono di Dio; viene dalla certezza che Gesù ci ha salvato; è la gioia che proviene dall’amore di Dio, che salva l’umanità.